La situazione in Europa sta precipitando: il sistema creditizio spagnolo è appeso ad un filo (lo spread ieri ha superato i 530 punti base) e cominciano i significativi spostamenti di denaro dalle banche italiane verso quelle del nord europa. Così ecco che cominciano a fioccare le prime proposte per riuscire nel tentativo estremo di salvare l’euro. Secondo la Commissione Europea si deve procedere velocemente con un’integrazione bancaria tra i diversi paesi così da poter utilizzare i fondi di salvataggio per ricapitalizzare le banche in difficoltà. La proposta sembra non trovare grande credibilità sui mercati e, onestamente, non ci sorprende più di tanto per 2 motivi: il primo è che questa proposta è di dubbia applicazione, mentre il secondo è che crediamo che non possa bastare ad arginare la gravità della crisi. Insomma, parliamoci chiaro, è come voler spengere un incendio con un bicchiere d’acqua. Magari quel bicchiere di acqua era sufficiente per spegnere un principio di incendio ma se si aspetta che abbia preso fuoco tutto il bosco l’unica soluzione per salvarsi è quella di mettere in campo tutte le forze necessarie.
Ma l’Europa è così, nel bene e nel male. La lentezza che accomuna i vertici europei è imabarazzante visto che ad oggi, nonostante il dramma di una fine della moneta unica sia alle porte, ancora si rimandano le decisioni fondamentali. La frase più ripetuta nei comunicati stampa UE è “se ne parlerà al prossimo vertice”; ma se si continua di questo passo arriverà il giorno, molto presto, che non ci sarà più un “prossimo vertice”.
Come dicevamo i nostri dubbi sono circa la possibilità di utilizzare i fondi europei per il salvataggio delle banche visto che questi sono stati istituiti per salvare gli stati. In effetti salvare le banche significa anche salvare gli stati ma non per questo utilizzare quei fondi sarà un gioco da ragazzi. Tuttavia basterebbe, come proposto, che l’European Stability Mechanism, che entrerà in funzione a partire da luglio, finanzi gli stati che ne facciano richiesta con la possibilità di destinare quei soldi alla ricapitalizzazione delle banche.
In secondo luogo bisogna convincere la Germania perchè sembra che sensa il suo consenso non si possa fare nulla. E la Germania a tale proposito è stata fin troppo chiara continuando ad opporsi a qualsiasi forma di sostegno alle banche.
Tuttavia sembra che nessuno si sia reso conto della gravità della situazione nonostante ieri tutti ne abbiano avuto l’ennesimo assaggio. Ieri l’asta dei BTP è stata un mezzo flop con i rendimenti che hanno superato, nuovamente, il 6% (per i titoli con scadenza 10 anni) anche se quello che preoccupa più di tutto è stata la domanda decisamente scarsa. Insomma pur offrendo un alto rendimento sembra ci sia in atto una vera e propria fuga dai titoli di stato dei paesi del sud Europa.
Lo spread, ovviamente, è salito alle stelle con quello Spagnolo che sembra diretto ormai verso i fatidici 600 punti base. Male, anzi malissimo, anche l’euro che continua la sua corsa al ribasso nel cambio con il dollaro: ieri è sceso sotto 1,24.
Se a questo aggiungiamo anche che l’ultimo sondaggio sulle elezioni del 17 giugno in Grecia vede in testa il partito anti europeista Syriza con oltre il 30% dei voti (al secondo posto si colloca Nuova Democrazia con il 26,5% dei voti) si capisce che il tempo a disposizione per l’eurozona sta per scadere.
Ok fin qui abbiamo criticato l’operato della Commissione Europea ma bisogna anche proporre quindi ecco quello che si potrebbe fare per tentare di “salvare il salvabile”.
La situazione è talmente grave che bisogna agire con tutte le forze a nostra disposizione. Gli Eurobond, in effetti, sono ottimi per prendere tempo ma non sono la soluzione al problema. Bisogna intervenire immediatamente in Grecia (magari rivedendo il piano di rientro che deve essere molto più morbido così da non deprimere troppo l’economia locale) e in Spagna (finanziando le banche in difficoltà e permettendo al paese dei margini di deficit maggiore per permettergli di aiutare le regioni).
Bisogna garantire la permanenza di ogni paese membro dell’eurozona all’interno della stessa perchè il problema dello spread è nato quando la Germania ha aperto alla possibilità di un default della Grecia. Il mercato sembra aver pensato “se può fallire uno stato possono fallire tutti”. Proprio qeusto è quello che bisogna evitare, o almeno provare a farlo con la speranza che non sia troppo tardi e che il processo di (auto)distruzione dell’euro non sia già arrivato al punto di non ritorno.