I dati elaborati dal Cerved contribuiscono a fotografare una situazione piuttosto impietosa dello stato del mercato del lavoro italiano. Nel 2011, infatti, i fallimenti hanno toccato e superato la soglia delle 12 mila unità, con un incremento di 7 punti percentuali su base annua. Sul fronte dei lavoratori dipendenti, gli elementi statistici consuntivi ci dicono invece che in tre anni (dal 2009 alla fine del 2011) sarebbero andati in fumo oltre 300 mila posti di lavoro.
Tornando al primo dei due parametri calcolati dal Cerved, i fallimenti, evidenziamo come i crack abbiano colpito prevalentemente le società di capitali (+ 8,6%) rispetto alle altre forme giuridiche societarie (+ 4,7%) e come ad essere maggiormente interessate dal fenomeno siano state le piccole e le medie imprese con un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro, con una frequenza dei default pari a 132 ogni 10 mila attività.
Analizzando i singoli settori, i fallimenti nei servizi sono cresciuti del 10% rispetto al 2010, mentre quelli nelle costruzioni si sono sviluppati del 7,8% su base annua. In calo invece il ritmo di crescita dei fallimenti nell’industria. Dal punto di vista territoriale, l’incremento dei fallimenti avrebbe riguardato tutte le aree italiane ad eccezione del Nord Est.
Considerati i presupposti sui quali si fondano tali dati, è presumibile che anche nel 2012 possa verificarsi un prolungamento del deterioramento del comparto, verificatosi anche a causa della formalizzazione di procedure di accertamento dell’insolvenza che hanno già preso il via nel corso del 2010 e – soprattutto – del più recente 2011.
Inoltre c’è da sottolineare che nell’ultimo trimestre del 2011 la stretta del credito attuata dalle banche potrebbe aver messo in difficoltà molte aziende con la conseguenza di aggravare il bilancio.
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